Lo scorso 22 agosto Eni ha annunciato un’importante scoperta di gas a circa 160 chilometri al largo di Cipro. Si tratta del pozzo Cronos-1, nel Blocco 6, operato per metà delle quote da Eni Cyprus e per l’altra metà dalla francese TotalEnergies.
In una nota diffusa dal gruppo, si evidenzia che «Le stime preliminari indicano circa 2,5 Tcf di gas in posto, con un significativo potenziale aggiuntivo che verrà valutato con un ulteriore pozzo esplorativo. Sono già in corso studi di ingegneria per uno sviluppo accelerato della scoperta».
Il pozzo Cronos-1 è il quarto pozzo esplorativo perforato da Eni Cyprus e il secondo nel Blocco 6, dopo la scoperta a gas di Calypso-1 nel 2018. Nella visione di Eni, la scoperta potrebbe ricoprire un ruolo decisivo per gli approvvigionamenti europei di gas, aprendo potenzialmente la strada a ulteriori sviluppi nell’area. «Questa scoperta - prosegue la nota - conferma l’efficacia della strategia esplorativa di Eni, volta a creare valore attraverso la profonda conoscenza dei bacini geologici e l’applicazione di tecnologie geofisiche proprietarie».
La notizia arriva in un periodo estremamente complesso vissuto dall’Italia e dal resto dei paesi europei, alle prese con un prezzo del gas che non sembra arrestare la sua corsa al rialzo, a causa del prolungarsi del conflitto in Ucraina.
Sul piano energetico, Cipro rappresenta un autentico crocevia in cui agiscono altri grandi operatori mondiali come Chevron e Shell. Nicosia e Chevron, ad esempio, si sono impegnate ad accelerare lo sviluppo del giacimento di gas offshore di Aphrodite per rifornire i mercati europei e l’Egitto. Il gas naturale nel giacimento, situato a Sud-est di Cipro, è stato scoperto nel 2011. Si stima che contenga circa 4,5 trilioni di piedi cubi (tcf) di gas, ma al momento non è sfruttato. Secondo Reuters, parte del ritardo nello sviluppo di Aphrodite risiede nel fatto che una piccola parte del campo si estende nella zona marittima di Israele. La Chevron è partner nel campo di Aphrodite con Shell e NewMed Energy israeliana. Anche in questo caso, le tensioni geopolitiche incidono sullo sfruttamento delle risorse: la parte Nord, infatti, è occupata dalla Turchia dal 1974, alcune acque sono oggetto di contesa con Ankara e ci sono state tensioni sul Blocco 3, ma non quelle in cui si trova il Blocco 6.
Di conseguenza, molte infrastrutture nell’area non sono ancora realizzate e, secondo addetti al settore, è ancora troppo presto per sapere se il gas sarà liquefatto o trasportato in pipeline. Tra i maggiori progetti nell’area c’è EastMed, un gasdotto da circa 2.000 km che porterebbe 10 miliardi (raddoppiabili a 20 miliardi) di metri cubi l’anno di gas del Mediterraneo orientale fino in Puglia, passando da Creta e Grecia continentale. Il 6 luglio il consorzio IGI-Poseidon, joint venture tra l’italiana Edison e la greca Depa, ha lanciato le gare d’appalto per la costruzione del tratto onshore (pari al 25% dell’infrastruttura), mentre nel 2020 ha chiuso quelle per il tratto offshore (pari al 75%). Secondo il ceo di Edison Nicola Monti, Eastmed potrebbe essere pronto in quattro anni e trasportare anche idrogeno, rispondendo alle esigenze di decarbonizzazione.
Fonte: Corriere della Sera
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